Buon lunedì!
E bentornati anche a quelli che hanno fatto le vacanze intelligenti la prima settimana di settembre.
Buona lettura (continua dopo i link) e buon rientro!
📰 Questa settimana in pillole (di link)
🎤Ora ‘girano’ anche video musicali in Animal Crossing
😎 Con l’ultimo lancio, i satelliti Starlink di SpaceX forniscono fino a 100 Mbps di velocità internet
Questo numero è stato scritto dopo aver selezionato gli argomenti più interessanti in 42 articoli.
LA CORTE DI CUPERTINO
Apple ha finalmente reso disponibile il protocollo di ‘appello’ che gli sviluppatori possono utilizzare per fare ricorso quando un’app viene rifiutata per la pubblicazione sull’App Store. È sicuramente una buona notizia, e permette agli sviluppatori di spiegare perché la propria app dovrebbe essere disponibile sullo store. D’altro canto, permette a Apple di rafforzare la propria presenza come player per la distribuzione di app su mobile. Fa la figura della corporation che tiene a cuore le esigenze degli sviluppatori dell’ecosistema, e al contempo decide le pratiche da utilizzare per contestare un torto. Con una stessa azione, ha dimostrato essere contemporaneamente piattaforma (quindi generando più soldi di quanti ne trattiene) e monopolio (controllando il mercato delle app).
App Store rimane un monopolio, e non è da considerare un duopolio insieme a Google: la seconda, infatti ammette sul proprio sistema operativo altri store di app (anche se ne restringe l’utilizzo), e quindi un protocollo come quello ideato da Apple avrebbe molto meno senso: se uno sviluppatore vede la propria app rifiutata dal Play Store, può decidere di pubblicarla su un altro o addirittura di rendere disponibile il file di installazione sul proprio sito web. Basta vedere quello che è successo con Fortnite: ora che Apple l’ha rimosso dall’App Store, la nuova stagione non è giocabile da iOS, mentre con uno smartphone Android basta rimuovere l’app del Play Store e installare la versione dal sito Epic, dal Galaxy Store o altri store.
SE TI PAGO, MI GIURI CHE NON LO USI?
Facebook sta proponendo un programma di ricerca a circa 200,000 - 400,000 persone negli Stati Uniti, per studiare il comportamento degli utenti prima, durante e dopo le elezioni presidenziali e capire come alcune persone influenzano altre e come si creano cerchi di disinformazione e discorsi d’odio. Per farlo, l’azienda californiana sta facendo dei sondaggi pagati, che includono anche delle azioni da eseguire sul social network, tra le quali la disconnessione dal social per un periodo di massimo 6 settimane.
Dopo i grandi scandali durante le elezioni 2016, il CEO di Facebook Mark Zuckerberg vuole studiare se e come Facebook influenza le elezioni - ed evitare che intanto lo faccia durante questa. Chiedendo a 400,000 persone di non usare Facebook durante le elezioni è un modo per capire se, togliendo qualche pedina dalla scacchiera, il risultato non cambia - o cambia drasticamente.
Questo non è l’unico modo in cui Facebook vuole rendere le prossime elezioni meno influenzate possibile: ha già annunciato che impedirà a qualunque personaggio politico di creare campagne pubblicitarie nei 7 giorni prima delle elezioni - il cosiddetto silenzio elettorale…digitale.
SUSHI... BRUCIATO
Il mondo crypto, si sa, è in continuo cambiamento. Ma non smette mai di stupire. Una settimana fa, un gruppetto di sviluppatori ha lanciato SushiSwap, un exchange decentralizzato prendendo gran parte del codice da UniSwap, una piattaforma attiva da 3 anni e con un grande volume di denaro giornaliero. SushiSwap promette guadagni fino al 1.000% annuo (non è un errore) con una tecnica finanziaria chiamata yield farming. In poche parole, se un utente deposita della liquidità (token crypto o equivalente di moneta corrente come EUR o USD) per un certo periodo di tempo, guadagnerà dal fatto che è come se stesse ‘prestando’ quei soldi alla piattaforma per alimentare il volume di transazioni, e per evitare che il mercato si fermi. È un concetto complesso, ma basti pensare che 1.000% annuale è una cifra enorme, e anche poco credibile per un progetto appena nato.
Ma gli utenti ci hanno creduto, e hanno movimentato circa 1.5 miliardi di dollari in SushiSwap. Se non che, proprio nel weekend, il fondatore del progetto, conosciuto con l’alias Chef Nomi, ha venduto circa 27 milioni di dollari di token SUSHI (il token che viene generato come interesse). La credibilità del progetto si è pressoché azzerata, anche perché lo stesso Nomi aveva tranquillizzato la community che non avrebbe venduto token e messo a rischio il valore del progetto. E invece l’ha fatto.
Morale della favola: tantissime persone hanno perso molti soldi (quei 27 milioni), ma al contempo è sempre più chiaro che costruire applicazioni di finanza decentralizzata su blockchain è facile e veloce, e che solo la fantasia è il limite. Nel bene e nel male.
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Alla prossima settimana!
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