Buon lunedì!
Probabilmente la newsletter continuerà a uscire ogni due settimane fino a fine anno ormai. Sto concentrando i miei sforzi su tante attività diverse, e presto alcune finiranno. Per ora, intanto, per garantire un’uscita di qualità, non posso ancora tornare alla frequenza settimanale. Il 2021 potrebbe iniziare, al contrario, con una frequenza ancora più alta. Vi ricordo che c’è sempre il cuoricino, per farmi sapere se il numero vi è piaciuto: 5 cuori la scorsa settimana! :)
Buona lettura!
📰 Questa settimana in pillole (di link)
📱 Usciti l’iPhone 12 e 12 Pro
📉 Quibi (?) chiuderà il 1 dicembre
🌍 SpaceX inizia la beta pubblica del servizio internet satellitare Starlink
Questo numero è stato scritto dopo aver selezionato gli argomenti più interessanti in 69 articoli.
1.75 MILIARDI DI ERRORI
Quibi, il servizio di streaming nato per mobile con contenuti curati della durata massima di 10 minuti, e lanciato ad aprile in mezzo alla pandemia, chiude i battenti il 1 dicembre, dopo appena 8 mesi di attività. È forse il servizio streaming con la vita più breve mai vista. Analisti e osservatori rintracciano le cause principali del fallimento in una manciata di punti:
Jeffrey Katzenberg e Margaret Whitman, i fondatori, hanno litigato per vari motivi: Katzenberg viene dall’industria di Hollywood, Whitman era CEO di HP (quindi industria dell’elettronica). Katzenberg esercitava potere da uomo del cinema, Whitman è una donna in carriera che non vuole farsi mettere i piedi in testa da nessuno. Un mix che è scoppiato facilmente;
Entrambi non avevano la minima idea di cosa volesse dire entrare nel mercato dello streaming. Hanno avuto la presunzione di pensare che avere esperienza in cinema e tech fosse abbastanza per sfondare;
Hanno lanciato il servizio, mobile-only, durante la pandemia. Questa si spiega da sola;
Gli investitori si sono fidati ciecamente dei nomi dei fondatori e della loro esperienza, ed evidentemente non sono stati dei partner strategici nello sviluppo della piattaforma e soprattutto nel capire se ci fossero modi di mantenere a galla il servizio fino ad un’ipotetica fine della pandemia;
Le scelte tecnologiche sono state disastrose: il supporto alla condivisione dei contenuti sulla TV è arrivato dopo 3 mesi, l’app per Smart TV è arrivata il giorno prima dell’annuncio della chiusura e non è stato mai implementato un modo per condividere gli screenshot dei contenuti. Nessuna serie o film è mai diventato virale, anche perché la qualità è rimasta sempre piuttosto scarsa.
È impressionante pensare come un intero business possa nascere, crescere, svilupparsi e morire in meno di un anno. E bruciare quasi un miliardo e mezzo di dollari nel processo.
IL FUTURO DI INTERNET
Quando è scoppiata la pandemia, ci siamo tutti rifugiati su internet, in particolare sui social, per affondare le nostre preoccupazioni e noie. Ma i social network pubblici sono un problema, perché ci si può imbattere in contenuti orribili e in discorsi d’odio da parte di suprematisti, radicali e attivisti di ogni tipo. Proprio in quel periodo Discord, l’app di chat testuale e vocale, stava passando un rigoroso processo di trasformazione del proprio branding, che è arrivato nel momento migliore (se così si può dire): da app per i gamers, Discord è diventato il posto in cui le persone si incontrano online per parlare di qualsiasi cosa.
L’app non è una piattaforma perché il team non gestisce direttamente tutti i contenuti che vengono generati: gli utenti possono creare ed entrare in server, che sono come dei gruppi, ma hanno vita propria. Ogni server ha delle regole proprie, può richiedere diversi tipi di autenticazione e verifica, ha una moderazione dei contenuti ad hoc e una differenziazione della base utenti per ruoli. Insomma, Discord è simile ad una Federazione, e ogni server è uno Stato federato, che eredita alcune caratteristiche ma ne fa proprie altre. Un profilo del magazine online Protocol lo definisce come “il posto in cui si sta inventando il futuro di internet”. E io aggiungerei che sembra la soluzione ai problemi di moderazione e di centralizzazione che oggi pongono Facebook e Twitter al centro dello scrutinio della Commissione Europa e del Congresso statunitense.
IL MOMENTO MIGLIORE
Non è proprio una notizia, bensì una constatazione: aspettando il lancio di PlayStation 5 e Xbox Series S/X, si può pensare al 2020 come l’anno in cui l’industria dei videogiochi è esplosa: dalle hit di cultura pop Among Us, Animal Crossing, Fall Guys, passando per i sempreverdi Minecraft, League of Legends, Dota 2, Fortnite, PUBG Mobile, Pokémon GO, c’è spazio per chiunque, anche non spendendo un euro. E la barriera di entrata si è abbassata drasticamente: con pacchetti in abbonamento e servizi di streaming, si possono avere centinaia di giochi partendo dai 5€ al mese di Apple Arcade fino ad arrivare alle combinazioni più complesse di Xbox e Playstation, Google Stadia, Amazon Luna e NVIDIA GeForce Now.
I videogiochi sono diventati non solo il momento di relax e distrazione, ma il luogo in cui accade tutto quello che non può accadere fisicamente (causa pandemia). E sta velocemente diventando anche il più potente canale di comunicazione con gli under 20 (ovvero dai 3 anni in su): Joe Biden ha una sua isola su Animal Crossing e una sua mappa su Fortnite; i bambini possono giocare a votare delle risoluzioni del Congresso in un server Minecraft mantenuto da Rock The Vote, un’associazione che sensibilizza al voto; e tutti, dai piloti di Formula 1 ai politici, giocano a ogni tipo di videogioco e coinvolgono i loro fan e sostenitori per farsi sentire più vicini a loro. Insomma, non c’è momento migliore di farsi una partita a qualche videogioco, anche per distrarsi dal terribile momento che stiamo vivendo.
Grazie per essere arrivati fin qui, il vostro supporto conta molto per me. Se vi ho aiutato in qualsiasi modo a capire meglio la situazione, vi chiedo di dimostrarmi un piccolo segno di affetto con una donazione. Questa newsletter la scrivo con la passione di chi non smette mai di informarsi e fa dell’informazione il proprio lavoro, in maniera disinteressata ed il più possibile imparziale.
Alla prossima settimana!
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